Miriordo (un amarcord di provincia) – Parte 2: Tra la via Aurelia e il West

La linea d’ombra: la nebbia che io vedo a me davanti… Per la prima volta nella vita mia mi trovo… A saper quello che lascio e a non saper immaginar quello che trovo” [1]

Dopo l’alba radiosa della mia infanzia felice si affacciarono le prime nuvole della preadolescenza.
Avevo ricevuto un’educazione classica e piuttosto rigida, una buona formazione religiosa e una robusta spinta intellettuale. Tutte cose molto positive, delle quali oggi ringrazio la mia famiglia, ma che dagli 11 anni in su, uniti alla mia indole riflessiva e sensibile, contribuirono a rendermi un ragazzino un po’ sfigato. Inoltre non avevo mai praticato sport, pertanto ero impacciato rispetto ai miei coetanei fighi che da anni facevano calcio.

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Miriordo (un amarcord di provincia) – Parte 1: Ode alla mia famiglia

Quando ero piccolo mi innamoravo di tutto… correvo dietro ai cani…” [1]

L’immenso Fabrizio De André è stato sicuramente uno dei più grandi poeti italiani del ‘900, e infatti non molti avrebbero potuto descrivere così bene la mia spensierata infanzia di provincia. Con poche parole, senza neppure conoscermi e, per di più, anni prima che nascessi.

Davvero mi innamoravo di tutto, perché ero un bambino curioso e felice. Già cresceva in me quella passione che mi avrebbe portato a diventare uno scienziato, e uno scrittore. Due cose solo apparentemente lontane, ma in realtà più simili di quanto non si pensi. Infatti mentre nei miei lunghi studi di chimica ho imparato a capire la materia, scrivendo imparo adesso a capire la mia anima. È la stessa curiosità che mi spinge.

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