Certe volte capita che in mare si scatenino tempeste improvvise, che neanche i più esperti marinai sono in grado di prevedere. Il vento comincia a soffiare con una forza inattesa, le onde si alzano, le correnti si fanno impetuose, la pioggia sferza la nave e i fulmini precipitano ruggendo. L’equipaggio, colto alla sprovvista, si affanna a mettere in sicurezza le vele e il timone, ma la forza bruta degli elementi spezza gli alberi e manda gli uomini alla deriva, verso una sorte incerta.
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Estate
Il sole si specchia e si confonde nel bianco del mio libro, avvolge la spiaggia di ardente calore.
Il mare canta la sua eterna nenia, assonnato e placido. Figure aliene e pacchiane invadono la spiaggia, coi loro grandi borsoni colorati. Un bambino gioca scavando la sabbia, rapito nell’estasi della materia e dell’invenzione.
Al bar tribù di ragazzi carichi pieni di energia intrecciano amori immaturi come ciuffi di alghe verdi straccate dal mare.
Un vecchio sta immobile al sole e anziane signore chiacchierano tra loro.
Ci guardano i monti martiri del marmo. Osservano il mare, accarezzano il cielo.
Come ombre passano i figli sfortunati di questo mondo ingiusto, in cerca di un po’ della nostra abbondanza. Coloro che nacquero dal lato sbagliato d’un confine o d’un sistema.
La brezza culla i miei pensieri mentre io, spettatore distratto, scruto una nuvola altissima. Sembra non dover mutare mai, come una pennellata nel cielo. Invece è effimera come l’attimo che chiamiamo felicità.
Marino
Lo sbruffo del mare
che dà forma a volti e scogliere
battuti dal vento
sempre ti fu compagno.
Una faro, quella luce
di poppa, verso il silenzio
gelido delle notti di mare.
Le tempeste tremende di morte
tra le lotte della vita
non furono che zuffe di bimbi.
Anco se la testa ‘un è più al vento,
le mane ‘un en più al timone,
la tu anima bamboretta
naviga ora nell’oceano
della pace di Dio.
[A mio nonno, Marino Levantini, medaglia d’oro di lunga navigazione]
29/06/2009
Fu un lampo nella notte, un istante che cambiò il destino. L’aria si fece rossa, e le nuvole bruciarono a lungo. Tanfo di fuliggine, pianto di sirene. Il drago consumava il suo orrido pasto. Come riuscì a ingoiare così tante vite in così poco tempo?
La notte era nera come una tomba, senza stelle a consolare Viareggio. Un fumo denso e spesso nascondeva il cielo.
-Cosa è stato?-
-Hai sentito?-
-Guarda là!-
-Ma che succede?!-
Elicotteri, uomini catarifrangenti.
-Tornate a casa subito, e non uscite! –
-Da qui non si può passare: c’è stato un grave incidente.-
Tu chiamalo incidente! Le notizie si inseguono, rotolano come pietre dalla montagna. Acquistano forza, crescono di pari passo al numero dei morti. Qualcuno non si trova più. Vapore, cenere, come chi passa per il crematorio.
C’era un cancello di ferro, lungo i binari. Un grande, robusto cancello, per molti metri nel muro della ferrovia. In parte si è fuso.
-La linea è interrotta, un treno è deragliato.-
Le case bruciano e, con esse, i loro abitanti.
Le preghiere si alternano al pianto. In molte lingue, uomini piccoli come bambini chiamano Dio, implorano Allah.
Ci dev’essere fila stasera alle porte del Paradiso. Penso che i bimbi entreranno per primi. Forse dormono ancora, se la morte è stata delicata nel prenderli in braccio.
-Il ponte è distrutto. –
-Ricordi quando andavamo lì a bere birra e guardare i treni che passano?-
-Non esiste più, è bruciato-
-Ma era di cemento armato!-
Nessuno dormì. La tv ci raccontava da Roma, da Milano, da Londra, cosa stava accadendo a 500 metri da noi.
Il giorno dopo i muri erano neri, le strade deserte. Bombardate.
Ricordo che c’erano platani, pini e case modeste, arroccate sui binari, che quasi potevi toccare i treni. C’era la vita, che scorreva come sabbia tra le dita.
In un attimo tutto scomparve.
Fu un lampo nella notte, un istante che cambiò il destino.
[Lucca, 28/06/2019. In memoria delle vittime della Strage di Viareggio.]
La valigia
Ho una bella valigia, è piena di ricordi. Li ho messi lì e me li porto dietro. Certe volte li riguardo, come si guarda la terra che si allontana dalla riva, mentre si prende il mare. Alcuni sono proprio belli! Mi stupisco nel vedere come gli avvenimenti si susseguano, di come le cose ritornino. Di come spesso quelle che più inseguiamo alla fine ci sfuggano e vengano sostituite da altre. Che poi magari scopriamo essere migliori. E’ sorprendente.
Nella vita si incontrano persone: con alcune si condivide un tratto di strada e con qualcuno si cammina mano nella mano. E strada facendo si scattano foto che si infilano nella valigia, per riguardarle poi, come si guarda una nuvola che si allontana nel cielo.
Alcune volte invece si posa la valigia e si aspetta. Come un ciliegio, sotto la neve, aspetta l’estate.
[Viareggio, 14 febbraio 2012]
Ricordo
Mi incontrerai
al confine dei tuoi pensieri
Quando gli occhi si annuvolano
e i ricordi piovono silenziosi
O nella polvere
leggera nel vento
sulla tua pelle distante
Forse mi hai visto
nello splendore antico di rovine
nel decadere ci ciò che è stato
e che il tempo culla
Miriordo (un amarcord di provincia) – Parte 2: Tra la via Aurelia e il West
“La linea d’ombra: la nebbia che io vedo a me davanti… Per la prima volta nella vita mia mi trovo… A saper quello che lascio e a non saper immaginar quello che trovo” [1]
Dopo l’alba radiosa della mia infanzia felice si affacciarono le prime nuvole della preadolescenza.
Avevo ricevuto un’educazione classica e piuttosto rigida, una buona formazione religiosa e una robusta spinta intellettuale. Tutte cose molto positive, delle quali oggi ringrazio la mia famiglia, ma che dagli 11 anni in su, uniti alla mia indole riflessiva e sensibile, contribuirono a rendermi un ragazzino un po’ sfigato. Inoltre non avevo mai praticato sport, pertanto ero impacciato rispetto ai miei coetanei fighi che da anni facevano calcio.
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Miriordo (un amarcord di provincia) – Parte 1: Ode alla mia famiglia
“Quando ero piccolo mi innamoravo di tutto… correvo dietro ai cani…” [1]
L’immenso Fabrizio De André è stato sicuramente uno dei più grandi poeti italiani del ‘900, e infatti non molti avrebbero potuto descrivere così bene la mia spensierata infanzia di provincia. Con poche parole, senza neppure conoscermi e, per di più, anni prima che nascessi.
Davvero mi innamoravo di tutto, perché ero un bambino curioso e felice. Già cresceva in me quella passione che mi avrebbe portato a diventare uno scienziato, e uno scrittore. Due cose solo apparentemente lontane, ma in realtà più simili di quanto non si pensi. Infatti mentre nei miei lunghi studi di chimica ho imparato a capire la materia, scrivendo imparo adesso a capire la mia anima. È la stessa curiosità che mi spinge.
Continua a leggere “Miriordo (un amarcord di provincia) – Parte 1: Ode alla mia famiglia”Nostalgia
La risacca del tempo porta lontano ricordi lasciati sulla battigia, ma subito torna a schiantarli su di me, con la forza implacabile della marea.
E l’onda mi trascina lontano, in luoghi e tempi diversi, prima che ognuno di noi fosse preso dall’agonismo della propria salita.
In mare mi lascio prendere per un po’ dal dolce dondolio delle immagini che mi portano alla deriva. Dolcissime immagini dei miei cari, indelebili ricordi di giorni dai brillanti colori, ricordi vivaci degli anni che abbiamo diviso, amici.
Lunghi anni, estati, inverni, notti, giorni, eravamo diversi, ma eravamo noi.
A volte la marea sale e mi porta ricordi di anni lontani e io li prendo e li metto da parte, delicati straccali, per condividerli ancora con voi.
[Sesto Fiorentino, 08/05/2012]