Fu un lampo nella notte, un istante che cambiò il destino. L’aria si fece rossa, e le nuvole bruciarono a lungo. Tanfo di fuliggine, pianto di sirene. Il drago consumava il suo orrido pasto. Come riuscì a ingoiare così tante vite in così poco tempo?
La notte era nera come una tomba, senza stelle a consolare Viareggio. Un fumo denso e spesso nascondeva il cielo.
-Cosa è stato?-
-Hai sentito?-
-Guarda là!-
-Ma che succede?!-
Elicotteri, uomini catarifrangenti.
-Tornate a casa subito, e non uscite! –
-Da qui non si può passare: c’è stato un grave incidente.-
Tu chiamalo incidente! Le notizie si inseguono, rotolano come pietre dalla montagna. Acquistano forza, crescono di pari passo al numero dei morti. Qualcuno non si trova più. Vapore, cenere, come chi passa per il crematorio.
C’era un cancello di ferro, lungo i binari. Un grande, robusto cancello, per molti metri nel muro della ferrovia. In parte si è fuso.
-La linea è interrotta, un treno è deragliato.-
Le case bruciano e, con esse, i loro abitanti.
Le preghiere si alternano al pianto. In molte lingue, uomini piccoli come bambini chiamano Dio, implorano Allah.
Ci dev’essere fila stasera alle porte del Paradiso. Penso che i bimbi entreranno per primi. Forse dormono ancora, se la morte è stata delicata nel prenderli in braccio.
-Il ponte è distrutto. –
-Ricordi quando andavamo lì a bere birra e guardare i treni che passano?-
-Non esiste più, è bruciato-
-Ma era di cemento armato!-
Nessuno dormì. La tv ci raccontava da Roma, da Milano, da Londra, cosa stava accadendo a 500 metri da noi.
Il giorno dopo i muri erano neri, le strade deserte. Bombardate.
Ricordo che c’erano platani, pini e case modeste, arroccate sui binari, che quasi potevi toccare i treni. C’era la vita, che scorreva come sabbia tra le dita.
In un attimo tutto scomparve.
Fu un lampo nella notte, un istante che cambiò il destino.
[Lucca, 28/06/2019. In memoria delle vittime della Strage di Viareggio.]